‘UNITI VINCIAMO, DIVISI PERDIAMO’: ALLA VIGILIA DEL VERTICE DI MALTA, IL PREMIER UE TUSK FA SUO LO SLOGAN LINCONIANO PER SPRONARE I 27 LEADER AD AFFRONTARE TRE MINACCE INCOMBENTI

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    Dando appuntamento ai 27 capi di Stato e di governo dell’Ue, che fra 3 giorni si riuniranno a La Valletta (Malta), il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, ha suonato la ‘carica’ rispolverando il rodato slogan linconiano (dal celebre canto ‘The Liberty Song’), poi ripreso anche dal presidente Obama: Uniti vinciamo, divisi perdiamo”. Un chiaro invito a rimanere uniti, per fronteggiare al meglio le “tre minacce” che l’Unione Europea ha davanti a sé. Si parte dalla “nuova situazione geopolitica, che disegna una Cina sempre più assertiva, specialmente sui mari, la politica aggressiva della Russia nei confronti dell’Ucraina e dei suoi vicini, guerre, terrore e anarchia nel Medio Oriente e in Africa, con l’Islam radicale a giocare il ruolo principale, come pure le preoccupanti dichiarazioni della nuova amministrazione americana: tutto questo – spiega Tusk – rende il nostro futuro altamente imprevedibile.  Per la prima volta nella nostra storia, in un mondo esterno sempre più multipolare, molti stanno diventando apertamente antieuropei, o nel migliore dei casi euroscettici. In particolare – osserva ilpresidente del Consiglio Europeo – il cambiamento a Washington mette l’Ue in una situazione difficile, con la nuova amministrazione che sembra rimettere in questione gli ultimi settant’anni di politica estera americana”. Del resto, congiuntamente alla politica dell’immigrazione che Trump ha intrapreso – con evidenti ‘segnali’ indirizzati anche alla Ue – si affianca la visione dell’economista euroscettico Ted Malloch, che qualcuno indica come possibile nuovo ambasciatore degli Usa, addirittura presso l’Ue, il quale continua ribadire che a suo avviso “ l’Unione va ridimensionata”, mirando a “shortare l’euro”.  Non a caso ieri il commissario europeo Pierre Moscovici ha parlato delle “tante Cassandre che predicono la fine” della moneta unica. Parole, quelle di Malloch, che non sono certo piaciute e, seppure l’incarico diplomatico sia al momento soltanto un ipotes, l’ex commissario europeo ed ex presidente del Consiglio Mario Monti ha da subito perfettamente dato voce a un pensiero comune: l’Ue non dovrebbe concedergli il gradimento, qualora venisse nominato ambasciatore.  In tal senso Tusk ha quindi evidenziato quella che seconda lui è un’altra minaccia da non sottovalutare: “la crescita dei sentimenti anti Ue, nazionalisti, sempre più xenofobi nella stessa Unione Europea. E le tendenze centrifughe  si alimentano degli errori fatti da chi ritiene che l’ideologia e le istituzioni siano più importanti degli interessi e delle emozioni della gente”. Infine, il presidente del Consiglio Europeo ha puntato il dito contro quella che ritiene essere la terza minaccia: “ lo stato mentale delle élite pro-europee, che si sono arrese. Un declino della fiducia nell’integrazione politica, la sottomissione agli argomenti dei populisti, come pure i dubbi sui valori fondamentali della democrazia liberale sono tutte cose sempre più visibili”. In tal senso Tusk  intende ‘svegliare’  i massimi decisori dell’Ue, i capi di Stato e di governo: “In un mondo pieno di tensioni, quello che serve è coraggio, determinazione e solidarietà politica tra europei. Senza queste cose, non sopravviveremo.  Se non crediamo in noi stessi – avverte il ‘premier europeo’ – perché dovrebbero crederci gli altri? A Roma dovremmo rinnovare questa dichiarazione di fede. Nel mondo di oggi, fatto di Stati-Continente con centinaia di milioni di abitanti, i Paesi europei presi separatamente hanno poco peso. Ma l’Ue ha un potenziale demografico ed economico che la rende un partner pari alle grandi potenze. Per questa ragione, il segnale più importante che dovrebbe arrivare da Roma è quello che i 27 Paesi sono pronti a restare uniti; il messaggio che non solo dobbiamo, ma che vogliamo essere uniti”. In occasione del settantesimo anniversario della firma del trattato, “a Roma, dovremmo ribadire con forza queste due verità di base, eppure spesso dimenticate: prima di tutto, ci siamo uniti per evitare un’altra catastrofe storica e, secondo, i tempi dell’unità europea sono stati i migliori della plurisecolare storia europea.  Dimostriamo il nostro orgoglio europeo. Se facciamo finta di non sentire le parole e di non notare le decisioni volte contro l’Ue e contro il nostro futuro, la gente smetterà di trattare l’Europa come la propria patria allargata. E, cosa ugualmente pericolosa, i nostri partner globali smetteranno di rispettarci. Obiettivamente non c’è ragione perché l’Europa e i suoi leader debbano piegarsi alle potenze estere e ai loro governanti”. I rapporti con gli Usa e la nuova amministrazione Trump saranno uno dei temi centrali del vertice informale della Valletta: i leader si confronteranno sul tema durante il pranzo, dopo aver parlato della dimensione esterna delle migrazioni nella mattinata. E cercheranno di trovare e di comunicare, in particolare con l’occhio rivolto all’appuntamento di Roma, quell’unità non serve solo agli europei, ma a tutto l’Occidente: “Dobbiamo difendere – conclude Tusk – con fermezza l’ordine internazionale basato sullo Stato di diritto. Non possiamo arrenderci a coloro che vogliono indebolire o annullare il legame tra le due sponde dell’Atlantico, senza il quale l’ordine globale e la pace non possono sopravvivere. Dovremmo ricordare ai nostri amici americani il loro motto: ’United we stand, divided we fall’”.